Riportiamo un altro articolo storico del nostro giornalino in cui una mamma racconta i motivi fondanti che hanno portati all’organizzazione della festa interculturale di Arca: per molti anni abbiamo organizzato questo incontro, con partner pubblici e privati del terzo settore, in cui le famiglie provenienti da vari paesi e continenti condividevano racconti, cibo, musica per trascorrere assieme una giornata nei giardini della città e festeggiare la fine dell’anno educativo. Di seguito l’estratto dal nostro giornalino.
“In occasione della festa interculturale organizzata dagli operatori dei nostri asili, vorrei spendere due parole per fare un augurio ai nostri bambini: di divenire cittadini in un futuro senza confini dove persone di ogni razza e cultura lavorino insieme l’uno per l’altro, diano vita a qualcosa di nuovo e di comune a tutti, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità.
Sono la mamma di una bambina di tre anni, abito a Trieste da nove ed ho vissuto in prima persona l’esperienza di essere “diversa” in questa città non per razza, ma per provenienza (vengo dalla Sardegna). Inizialmente non ero preparata a tanti modi di fare ”strani” dei triestini: dopotutto siamo in Italia!
E allora perché parlano sempre solo in dialetto anche nei negozi, io non lo capisco! E quella parola “volentieri”, tu sei lì che aspetti che ti diano ciò che hai richiesto, vai a sapere che volentieri significa: vorrei ma non posso…
E quella strana abitudine di voler andare sempre fuori la domenica: come, tu li inviti nella tua casa e loro ricambiano l’invito portandoti fuori, come se volessero ottenere le distanze! E poi non si interessano alle tue vicende, se chiedi loro qualcosa di personale sembri invadente, anziché capire che nella tua cultura è normale interessarsi dei “fatti” degli amici e dei conoscenti: è un modo di dialogare, di condividere spazi e cose comuni. Solo dopo un po’ di tempo, capisci che loro hanno un modo diverso dal tuo per manifestarti rispetto, interessamento, amicizia.
In un contesto dove forti sono gli spostamenti e le mescolanze, sia per motivi di lavoro che familiari, penso che due siano le parole importanti: comunicare e conoscersi. Tante volte la discriminazione, l’intolleranza o più semplicemente un’antipatia o un’inimicizia derivano dalla mancanza di conoscenza: ciò che non si conosce fa paura, fa diventare l’altro un estraneo, qualcuno dei ignorare.
È diverso da me e perciò lo rifiuto!
E così si perde l’occasione di arricchirsi tramite la conoscenza di qualcosa di nuovo, di accostarsi alla realtà sotto altri punti di vista.
Vorrei insegnare a mia figlia ad essere curiosa nei confronti degli altri, parlare con loro, a dialogare. Vorrei darle gli strumenti per farle capire che si può imparare da chi è diverso da noi, che si ci si può arricchire stando insieme, frequentandosi, che è bello fare proprie qualcuna di quelle diversità che all’inizio ci sembrano stranezze ed invece ci rendono adulti più ricchi, più maturi più consapevoli e interessati al mondo degli altri, che è il nostro stesso mondo.
Dopotutto, viviamo tutti sul pianeta terra! Allora, prendiamo questa festa come una buona occasione per accostarci a chi è diverso da noi e farlo diventare un po’ meno estraneo per i nostri bambini, sarà per loro un guadagno: impareranno ad accostarsi a cibi, fiabe, tradizioni, giochi che i loro genitori non possono insegnare loro, perché non li conoscono.”
Antonella Piccinelli.